Rendicontazione societaria di sostenibilità: in corso di approvazione il decreto legislativo di recepimento della CSRD

August 2, 2024

Il 10 giugno 2024, termine ultimo per l’esercizio della delega ai sensi della legge di delegazione europea 2022-2023[1], il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare, a seguito di consultazione pubblica, la bozza di decreto legislativo di recepimento della direttiva (UE) n. 2022/2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive, “CSRD”), che è stata trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari per i relativi pareri (“Schema di Decreto CSRD”).

Il 18 luglio scorso sono stati approvati gli ultimi pareri favorevoli, con osservazioni, delle Commissioni parlamentari e il testo è tornato al Governo per eventuali modifiche e per l’approvazione finale, prevista entro il 10 settembre 2024[2].

Il presente alert memorandum descrive le principali novità in materia di reporting ESG per le imprese derivanti dall’applicazione del nuovo decreto legislativo, che prenderà il posto del d.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254, di recepimento della direttiva (UE) n. 2014/95 sulla dichiarazione di carattere non finanziario (“NFRD”).

i. CSRD e Regolamento Tassonomia

    La CSRD ha lo scopo di promuovere la trasparenza delle imprese sugli impatti ambientali, sociali e legati alla governance (ESG) delle loro attività, attraverso un rafforzamento degli obblighi di rendicontazione annuale.

    La CSRD sostituisce la NFRD, incidendo direttamente su diverse disposizioni della direttiva (UE) n. 2013/34 (“Direttiva Accounting”) e apportando notevoli cambiamenti agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità. In particolare, la CSRD:

    • estende il novero dei soggetti obbligati alle rendicontazioni di sostenibilità, non limitandosi più alle imprese di grandi dimensioni che siano al contempo enti di interesse pubblico (ad es., banche, imprese assicurative, società quotate) bensì applicandosi a:
      • tutte le imprese di grandi dimensioni o comunque imprese madri di gruppi di grandi dimensioni (indipendentemente dalla qualifica di enti interesse pubblico);
      • tutte le PMI quotate in mercati regolamentati dell’UE, escluse le microimprese; e
      • ad imprese di paesi terzi, al ricorrere di determinate condizioni[3];
    • prevede contenuti più dettagliati per le rendicontazioni di sostenibilità, che dovranno includere informazioni relative all’impatto sulle questioni di sostenibilità non solo dell’impresa stessa o del gruppo, ma anche dell’intera catena del valore a monte e a valle (value chain);
    • prevede che le rendicontazioni di sostenibilità siano redatte sulla base di standard comuni definiti a livello europeo (European Sustainability Reporting Standards, “ESRS”), elaborati dallo European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) e adottati dalla Commissione con specifici atti delegati;
    • richiede che le rendicontazioni di sostenibilità siano soggette ad attestazione di conformità, da parte (i) degli stessi soggetti incaricati della revisione legale del bilancio; (ii) di altri revisori legali o imprese di revisione contabile; o (iii) di un prestatore indipendente di servizi di attestazione, a condizione che lo stesso soddisfi determinati requisiti.

    Al fine di superare l’assenza di definizioni condivise a livello europeo e favorire la trasparenza e la comparabilità delle informazioni sugli investimenti sostenibili, con il regolamento (UE) n. 2020/852 (“Regolamento Tassonomia”), direttamente applicabile, è stato introdotto un sistema di classificazione delle attività economiche sostenibili.

    Il Regolamento Tassonomia prevede, all’art. 8, che le imprese soggette all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità vi includano informazioni su come e in che misura le attività dell’impresa siano associate ad attività economiche considerate ecosostenibili. Gli indicatori fondamentali di prestazione per le varie tipologie di imprese sono stati definiti dalla Commissione europea con regolamento delegato (UE) n. 2021/2178.

    ii. Recepimento italiano della CSRD: principali novità previste dallo Schema di Decreto CSRD

      Oltre all’estensione del perimetro dei soggetti obbligati alla rendicontazione di sostenibilità, le principali novità introdotte dallo Schema di Decreto CSRD rispetto alla normativa attualmente vigente riguardano: (i) l’obbligo per le società di inserire nella rendicontazione di sostenibilità anche informazioni relative alla propria catena di valore a monte e a valle; (ii) l’obbligo di attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità; e (iii) l’attribuzione di poteri di vigilanza alla Consob.

      a. Value Chain

        Come previsto dalla CSRD, lo Schema di Decreto CSRD richiede che la rendicontazione di sostenibilità, da redigersi in conformità agli standard di rendicontazione definiti a livello europeo (gli ESRS), includa informazioni e valuti eventuali impatti negativi non solo in relazione all’attività dell’impresa e delle imprese figlie, ma anche in relazione alla sua catena del valore a monte e a valle, comprendendo anche le informazioni concernenti i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali (anche indiretti) e la sua catena di fornitura.

        Il Regolamento delegato (UE) n. 2023/2772 della Commissione europea del 31 luglio 2023 contenente gli ESRS definisce la catena del valore come “[t]utte le attività, le risorse e le relazioni connesse al modello aziendale dell’impresa e il contesto esterno in cui questa opera. La catena del valore comprende le attività, le risorse e le relazioni che l’impresa utilizza e su cui fa affidamento per creare i suoi prodotti o servizi, dalla concezione fino alla consegna, al consumo e al fine vita. Tali attività, risorse e relazioni comprendono:

        i.     quelle che fanno parte delle operazioni proprie dell’impresa, come le risorse umane;

        ii.    quelle nei suoi canali di approvvigionamento, commercializzazione e distribuzione, come l’acquisto di materiali e servizi o la vendita e la consegna di prodotti e servizi; e

        iii.   il contesto finanziario, geografico, geopolitico e normativo in cui l’impresa opera.

        La catena del valore include attori a monte e a valle dell’impresa. Gli attori a monte (ad esempio i fornitori) forniscono i prodotti o i servizi usati nello sviluppo dei prodotti o dei servizi dell’impresa stessa. I soggetti a valle (ad esempio distributori e clienti) ricevono i prodotti o i servizi dell’impresa.

        Gli ESRS usano il termine «catena del valore» al singolare, ma è pacifico che l’impresa può avere più catene del valore”.

        Gli ESRS chiariscono poi che non è richiesta la comunicazione di informazioni su tutti gli attori della catena del valore, ma solo delle informazioni rilevanti a monte e a valle della catena del valore[4] e che l’estensione delle informazioni alla catena di valore deve essere effettuata a seguito di apposita due diligence e della valutazione della materialità nonché in conformità con eventuali requisiti specifici relativi alla catena del valore previsti negli ESRS tematici (ad es., quelli sui lavoratori nella catena del valore).

        Gli stessi ESRS prevedono poi che nel determinare a quale livello all’interno delle proprie attività e della catena del valore a monte e a valle sorga una questione materiale di sostenibilità, l’impresa deve utilizzare la propria valutazione degli impatti, dei rischi e delle opportunità seguendo il principio della doppia rilevanza, in base al quale occorre valutare la rilevanza sia dal punto di vista dell’impatto dell’impresa sulle persone e sull’ambiente (prospettiva c.d. “inside-out”)[5] sia dal punto di vista degli effetti finanziari sull’impresa (prospettiva c.d. “outside-in”)[6].

        Quando un’impresa non ha il potere di controllare le attività della sua catena del valore a monte e/o a valle e i suoi rapporti commerciali, ottenere le informazioni sulla catena del valore richiede uno sforzo preparatorio maggiore, tra cui l’analisi e valutazione di materialità e la previsione di adeguati obblighi informativi nei contratti ai vari livelli della catena del valore. Pertanto, lo Schema di Decreto CSRD, in linea con la CSRD, prevede una deroga per i primi tre esercizi finanziari oggetto di rendicontazione, consentendo alle imprese di non includere nella rendicontazione di sostenibilità le informazioni relative alla catena di valore qualora queste non siano disponibili, purché siano spiegati gli sforzi compiuti per la loro raccolta, i motivi per i quali non è stato possibile ottenerle e i piani elaborati per riuscire nella raccolta in futuro.

        L’obbligo di includere informazioni relative alle imprese non controllate riconducibili alla catena del valore ha messo in luce potenziali criticità connesse alle previsioni in materia di responsabilità della società tenuta alla rendicontazione di sostenibilità per la conformità delle informazioni ivi incluse. A seguito della consultazione, al fine di mitigare la responsabilità per informazioni fornite da società su cui l’impresa obbligata non ha potere di direzione o verifica, il testo dello Schema di Decreto CSRD è stato integrato prevedendo che, ai fini della determinazione del tipo e dell’ammontare delle sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dell’organo amministrativo, la Consob debba tenere conto anche della circostanza che le violazioni derivino da informazioni erroneamente comunicate od omesse da soggetti terzi e dalle imprese incluse nella catena del valore che non siano sottopose a controllo della società obbligata[7].

        La catena del valore costituisce un elemento essenziale, non solo della CSRD, ma anche della nuova Direttiva (UE) n. 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – “CS3D”) relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità. La CS3D, che dovrà essere recepita dagli Stati Membri entro il 26 luglio 2026, richiede alle imprese di condurre attività di due diligence lungo la loro catena del valore per individuare, prevenire e ridurre gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente. Sarà applicabile alle imprese UE che anche su base consolidata, abbiano più di 1.000 dipendenti e oltre 450 milioni di euro di ricavi netti a livello mondiale e alle imprese di paesi terzi che, anche su base consolidata, abbiano generato oltre 450 milioni di euro di ricavi netti in UE, o a società UE ed extra-UE che abbiano concluso accordi di franchising o licenza nell’UE che garantiscano un’identità e un concetto aziendale comuni e metodi aziendali uniformi, con diritti di licenza superiori a 22,5 milioni di euro e un fatturato netto superiore a 80 milioni di euro. È prevista un’applicazione scaglionata dei relativi obblighi[8].

        b. Attestazione di conformità e modifiche al d.lgs. n. 39/2010

        Lo Schema di Decreto CSRD stabilisce che la rendicontazione di sostenibilità sia oggetto di apposita attestazione di conformità da parte di un revisore legale o di una società di revisione, abilitati anche all’attività di rendicontazione di sostenibilità, che può anche coincidere con il revisore incaricato della revisione contabile della società[9]. È previsto che l’attestazione in questione abbia nei primi anni di applicazione della CSRD un livello di sicurezza limitato e sia di redatta sulla base dei principi di attestazione che dovranno essere adottati dalla Commissione Europea entro il 1° ottobre 2026. Successivamente all’eventuale adozione di ulteriori standard di attestazione da parte della Commissione Europea, prevista entro il 1° ottobre 2028, l’attestazione dovrà fornire un livello di sicurezza ragionevole.

        Fino all’adozione dei principi di attestazione europei, lo Schema di Decreto CSRD prevede che gli stessi vengano elaborati, in via transitoria, a livello nazionale e che, nelle more dell’emanazione di questi ultimi, la Consob individui i principi applicabili, con regolamento.

        Nonostante le contestazioni sul punto ricevute nell’ambito della consultazione pubblica, che sottolineano soprattutto il rischio di un innalzamento dei costi e dei tempi necessari per la revisione associati alla crescita esponenziale della domanda di revisione, il Governo non ha inteso esercitare l’opzione offerta agli Stati Membri dalla CSRD di prevedere che prestatori indipendenti di servizi di attestazione possano fornire il servizio di assurance sulle rendicontazioni di sostenibilità. Tuttavia, lo Schema di Decreto CSRD prevede un impegno da parte di Consob e MEF di realizzare uno studio congiunto, entro 18 mesi dall’entrata in vigore del decreto delegato, per verificare gli oneri e i benefici che deriverebbero dall’eventuale introduzione in Italia della figura dei prestatori indipendenti di servizi di attestazione.

        Lo Schema di Decreto CSRD introduce poi modifiche al d.lgs. n. 39/2010 relativo alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati al fine di recepire nell’ordinamento italiano le modifiche alla direttiva (CE) n. 2006/43 (c.d. Direttiva Audit) introdotte dalla CSRD. Tali modifiche riguardano, in particolare: (i) l’introduzione della figura del revisore di sostenibilità, con le conseguenti modifiche anche alle previsioni sul tirocinio; (ii) l’esame di idoneità professionale per l’abilitazione all’esercizio della revisione legale, adeguandolo anche all’attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità; (iii) il programma di aggiornamento professionale; e (iv) l’iscrizione nel registro.

        c. Autorità di vigilanza

        Lo Schema di Decreto CSRD interviene sull’art. 154-ter del TUF prevedendo che la rendicontazione di sostenibilità degli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro d’origine, che non siano microimprese, sia inclusa nella relazione sulla gestione, che costituisce uno dei documenti della relazione finanziaria annuale su cui la CONSOB già esercita le proprie prerogative di vigilanza in attuazione della direttiva (CE) n. 2004/109, come da ultimo modificata dalla stessa CSRD.

        In forza di tale intervento rimangono pertanto escluse dal perimetro di vigilanza della CONSOB le grandi imprese non quotate, anche se appartenenti al settore bancario o assicurativo, in linea con l’art. 13 della legge di delegazione europea, con riferimento alle quali non è prescritta alcuna vigilanza ulteriore rispetto alla disciplina del codice civile, che include la vigilanza dell’organo di controllo, il quale sarà tenuto a riferire all’assemblea sull’osservanza degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità.

        Specifici poteri di vigilanza sono stati poi attribuiti al MEF e alla Consob con riferimento al rispetto delle previsioni in materia di attestazione di conformità.

        d. Regime sanzionatorio

        Lo schema di decreto sottoposto a consultazione pubblica prevedeva che, in caso di violazioni degli obblighi ivi previsti, si applicassero le sanzioni penali previste per le false comunicazioni sociali ex art. 2621 e 2622 c.c.. Tuttavia, il documento di consultazione richiedeva ai partecipanti di esprimere il proprio parere circa un eventuale approccio alternativo e più limitato, per tenere conto dei profili innovativi della materia, della natura peculiare delle informazioni di sostenibilità e dei maggiori oneri soprattutto per le piccole e medie imprese..

        L’impostazione inizialmente proposta nello schema di decreto sottoposto a consultazione non è stata considerata accettabile, poiché avrebbe comportato un appiattimento della disciplina sanzionatoria su quella applicabile alle informazioni contabili di bilancio, senza considerare in modo adeguato gli elementi di specialità delle informazioni di sostenibilità.

        Lo Schema di Decreto CSRD include quindi un regime sanzionatorio ad hoc per le sole società quotate, attribuendo alla CONSOB il potere di applicare le sanzioni amministrative previste dall’art.193 del TUF per l’inosservanza degli obblighi di informazione societaria, chiarendo che (i) per i primi due anni dall’entrata in vigore del decreto delegato, tali sanzioni pecuniarie non possano superare nel massimo l’ammontare di euro 150.000 (anziché euro 2 milioni o 1,5 milioni) con riferimento alle sanzioni comminabili ai sensi dei commi 1.2 e 3 del citato art. 193, ed euro 2.500.000 (anziché fino a euro 10 milioni o al 5% del fatturato, se superiore) con riferimento alle sanzioni comminabili ai sensi del comma 1 del medesimo art. 193;  (ii) qualora la violazione sia connotata da scarsa offensività o pericolosità, le sanzioni applicabili consistono nella dichiarazione pubblica della violazione e nell’ordine di eliminare la violazione; e (iii) ai fini della determinazione del tipo e dell’ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria, la CONSOB debba tenere conto non solo delle procedure adottate dall’organo amministrativo per la redazione della rendicontazione di sostenibilità, ma anche se la stessa proviene da soggetti terzi, siano questi società figlie o società incluse nella catena del valore[10].

        Per le società non quotate, invece, non è stato contemplato uno specifico regime di responsabilità amministrativa o penale, ma rimangono comunque applicabili i rimedi previsti dal codice civile (come l’azione di responsabilità contro gli amministratori), attivabili nel più ampio alveo delle violazioni dei doveri imposti agli amministratori, tra cui il dovere di garantire che la rendicontazione di sostenibilità sia redatta in conformità al decreto, previsto dall’art. 10, comma 1, dello Schema di Decreto CSRD.

        e. Entrata in vigore delle nuove disposizioni

        Le disposizioni introdotte dallo Schema di Decreto CSRD troveranno applicazione, secondo quanto disposto dalla CSRD, a partire dalle rendicontazioni di sostenibilità redatte con riferimento esercizi finanziari aventi inizio il 1° gennaio 2024 o successivamente, in maniera scaglionata a seconda della dimensione e delle caratteristiche dei soggetti obbligati.

        In particolare, si prevede che le nuove previsioni trovino applicazione:

        • a partire dagli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2024 (con rendicontazione dal 2025) per le grandi imprese e per le imprese madri di grandi gruppi, con oltre 500 dipendenti (anche su base consolidata) e che siano enti di interesse pubblico, ossia per i soggetti già tenuti all’obbligo di pubblicare la dichiarazione non finanziaria ai sensi del regime previgente;
        • a partire dagli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2025 (con rendicontazione dal 2026) per tutte le grandi imprese e società madri di grandi gruppi diverse da quelle di cui al precedente punto;
        • a partire dagli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2026 (con rendicontazione dal 2027) per le piccole e medie imprese con strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati, enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive e le imprese di riassicurazione captive;
        • a partire dagli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2028 (con rendicontazione dal 2029) per le imprese di paesi terzi.

        [1] L’art. 13 della legge di delegazione europea 2022-2023 (legge n. 15 del 24 febbraio 2024) impone al Governo alcuni specifici criteri direttivi, tra cui: (i) l’individuazione della Consob quale autorità di riferimento per le società quotate; (ii) l’attribuzione al Governo del potere di esercitare le opzioni previste nella direttiva, ove ritenuto opportuno; e (iii) l’attribuzione al MEF e alla Consob dei poteri di vigilanza, indagine e sanzionatori necessari ad assicurare il rispetto delle previsioni in materia di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità.

        [2] Sebbene la CSRD preveda il 6 luglio 2024 come termine di recepimento, il termine per l’approvazione finale del decreto è stato prorogato di novanta giorni (trovando applicazione il meccanismo del c.d. “scorrimento del termine”), con la conseguenza che la versione definitiva del decreto legislativo dovrà essere approvata entro e non oltre il 10 settembre p.v..

        [3] I nuovi artt. 40-bis e ss. della Direttiva Accounting sottopongono all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità consolidata al livello della capogruppo: (i) le società di grandi dimensioni o PMI quotate che siano imprese figlie stabilite nell’UE di società madri extra-UE che abbiano generato per ciascuno degli ultimi due esercizi, a livello di gruppo o individuale, nel territorio dell’Unione, ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro; e (ii) nel caso in cui l’impresa del paese terzo non abbia imprese figlie, la succursale europea di società extra-UE a condizione che la stessa succursale abbia generato ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente.

        [4] Cfr. ESRS, sezione 5.1, par. 64.

        [5] In particolare, in base all’ESRS, sezione 3.4, par. 46, “[u]na questione di sostenibilità è rilevante dal punto di vista dell’impatto quando riguarda gli impatti rilevanti dell’impresa, negativi o positivi, effettivi o potenziali, sulle persone o sull’ambiente a breve, medio o lungo termine. Gli impatti comprendono quelli connessi alle operazioni proprie dell’impresa e alla catena del valore a monte e a valle, anche attraverso i suoi prodotti e servizi e i suoi rapporti commerciali. I rapporti commerciali comprendono quelli siti nella catena del valore dell’impresa, a monte e a valle, e non sono limitati ai rapporti contrattuali diretti”.

        [6] In particolare, in base all’ESRS, sezione 3.5, par. 49, “[u]na questione di sostenibilità è rilevante da un punto di vista finanziario se comporta o si può ragionevolmente ritenere che comporti effetti finanziari rilevanti sull’impresa. Ciò si verifica quando una questione di sostenibilità genera rischi od opportunità che hanno o di cui si può ragionevolmente prevedere che abbiano un’influenza rilevante sullo sviluppo dell’impresa, sulla sua situazione patrimoniale-finanziaria, risultato economico, sui flussi finanziari, sull’accesso ai finanziamenti o sul costo del capitale a breve, medio o lungo termine. I rischi e le opportunità possono derivare da eventi passati o futuri. La rilevanza finanziaria di una questione di sostenibilità non si limita agli aspetti soggetti al controllo dell’impresa, ma comprende informazioni su rischi e opportunità rilevanti attribuibili ai rapporti commerciali che non rientrano nell’ambito di consolidamento utilizzato nella redazione del bilancio”.

        [7] Cfr. art. 10 dello Schema di Decreto CSRD.

        [8] Dal 26 luglio 2027: per le grandi società con oltre 5.000 dipendenti e fatturato netto superiore a 1,5 miliardi di euro, e per le società di paesi terzi con fatturato netto superiore a 1,5 miliardi di euro nell’UE.

        Dal 26 luglio 2028: per le grandi società con oltre 3.000 dipendenti e fatturato netto superiore a 900 milioni di EUR, e per le società di paesi terzi con fatturato netto superiore a 900 milioni di EUR nell’UE.

        Dal 26 luglio 2029: per tutte le altre società obbligate non incluse nelle categorie precedenti.

        [9] Cfr. art. 8 dello Schema di Decreto CSRD.

        [10] Cfr. art. 10 dello Schema di Decreto CSRD. Al riguardo le Commissioni riunite Giustizia e Finanze e Tesoro del Senato del 18 luglio 2024 hanno raccomandato al Governo di limitare l’obbligo di valutazione delle circostanze da parte della Consob “soltanto alle omissioni o alle informazioni comunicate dalle imprese incluse nella catena del valore della società direttamente obbligata al reporting di sostenibilità e che non siano sottoposte a controllo della stessa”.